Fondazione dell’ Istituto Internazionale delle conoscenze tradizionali
Abitare in una casa costruita o ristrutturata con le malte tradizionali invece che con il cemento e i prodotti sintetici dimezza le emissioni di gas serra e la bolletta elettrica degli appartamenti moderni. Coltivare le zone aride utilizzando per l’irrigazione una rete di gallerie orizzontali, come si faceva nelle oasi del Sahara o in Cina, evita lo spreco di 300 metri cubi di acqua per ettaro al giorno e taglia 13 tonnellate di anidride carbonica all’anno sullo stesso ettaro di campi. Proteggere il suolo dalle frane con terrazzamenti di pietra al posto delle dighe di cemento, che spesso diventano un delle cause delle alluvioni e delle frane, fa risparmiare al nostro paese da 10 a 20 tonnellate di CO2 l’anno. E mette in sicurezza i nostri pendii.
Sono queste, le tecniche tradizionali. Cisterne che raccolgono la pioggia; tetti verdi che sostituiscono i condizionatori d’aria; abitazioni con pareti che non solo captano l’acqua ma la restituiscono depurata. Tecniche che stanno scomparendo e che possono diventare essenziali per rispondere alla crisi ambientale ed economica globale, e migliorare la qualità della vita. Per riaprire il grande archivio di milioni di saperi antichi e fortemente attuali, nasce oggi l’Istituto per le conoscenze tradizionali, una grande Banca della Terra che mette a disposizione di governi, amministrazioni pubbliche e cittadini tecniche che si perderebbero senza un’attiva azione di conservazione e valorizzazione.
È quanto emerge durante la presentazione dell’International Traditional Knowledge Institute (ITKI), l’organismo voluto dall’ Unesco per raccogliere le centinaia di migliaia di soluzioni antiche e attuali alla desertificazione, alla mancanza d’acqua, alle frane, allo spreco energetico. Una scelta innovativa, per l’organizzazione delle Nazioni Unite, che viene presentata oggi a Firenze in una conferenza stampa cui partecipano i soggetti che hanno realizzato l’Istituto: Pietro Laureano, consulente Unesco e presidente della società Ipogea; Luciano Bartolini, sindaco di Bagni a Ripoli, dove sorgerà il centro; l’assessore all’Ambiente della Provincia di Firenze Renzo Crescioli; il direttore della Nobrega Foundation Michael Carrington; il presidente della Fondazione Romualdo Del Bianco, Paolo Del Bianco; il Presidente di Water Right Foundation, Mauro Perini e a una folta delegazione dei sindaci e amministratori dell’area: Fabio Incatastato (Fiesole), Marco Mairaghi (Pontassieve), Paolo Santini (assessore del Comune di Vinci).
“Per conservare un ambiente adatto alla vita dell’uomo, proteggere i monumenti non basta più. Ora si passa alla conservazione e alla valorizzazione delle conoscenze, un patrimonio immateriale e preziosissimo che rappresenta uno degli assett per far partire la terza rivoluzione industriale della green economy, basata su energie alternative, emissioni zero, slow economy e industria creativa”, afferma Pietro Laureano, che ha lavorato come consulente dell’Unesco al restauro ambientale delle oasi del Sahara ed è stato il protagonista del recupero dei Sassi di Matera, primo formidabile esempio europeo di riutilizzo delle conoscenze e delle tecniche tradizionali per un progetto contemporaneo. “Le conoscenze tradizionali e il loro uso innovativo rappresentano la base per una tecnologia sostenibile, indispensabile per l’elaborazione di un nuovo modello di progresso umano”.
Queste tecniche, ha spiegato in un collegamento video da Parigi il neo vicedirettore generale dell’Unesco Francesco Bandarin, “sono un giacimento di possibilità che si vanno perdendo, con l’affermarsi della monocultura del cemento e anche con gli spostamenti di popolazioni. È successo in Italia negli anni ’50, sta succedendo in Cina dove ogni anno 10milioni di abitanti lasciano i villaggi per concentrarsi nelle aree urbane”.
Le tecniche tradizionali presenti nel pianeta sono decine di milioni con varietà corrispondenti alle diversità ambientali e culturali. L’Istituto lavora su una base di 700 grandi “famiglie” di tecniche che sono state classificate e identificate. La banca dati, che diventerà una vera e propria Banca della Terra, e l’azione di comunicazione presso governi, pubbliche amministrazioni, aziende e cittadini le diffonderà come pratiche sostenibili ed innovative in agricoltura, architettura e aree urbane, paesaggio e pratiche sociali. Il loro utilizzo permette risparmi economici considerevoli in tutti i settori e in particolare nel emissioni di CO2 (vedi anche dossier allegato).
“L’Istituto che nasce sotto l’egida Unesco sarà l’acceleratore di un cambiamento di cui si vedono già i segnali. Il Comune di Bagno a Ripoli è orgoglioso non solo di ospitare la sede del centro, ma anche di partecipare attivamente alla sua realizzazione, assieme alla Provincia di Firenze (?), alla Nobrega Foundation e alla Fondazione Romualdo Del Bianco”, ha detto il sindaco di Bagno a Ripoli Luciano Bartolini. “La Toscana è un esempio di come sia possibile collegare lo sviluppo con la difesa del paesaggio, con il mantenimento delle sue caratteristiche tradizionali”.