L’ ESPRESSO – “Neolitic Park”
Da L’Espresso
Settimanale di politica n. 50 del 19 dicembre 1993
(pag. 112, 113,115)
NEOLITIC PARK
L’Unesco li ha definiti “patrimonio dell’umanità”. E ha lanciato la proposta di un architetto italiano. Per trasformare
l’antico complesso in un grande museo dell’uomo e delle civiltà rupestri. Partendo dalle grotte preistoriche…
di Alberto Dentice
Dal suo studio a strapiornbo sul Barisano, una delle due conche che si aprono ad anfiteatro sul canyon della Gravina, Pietro Laureano si affaccia a contemplare lo spettacolo maestoso di quella incredibile citta scolpita nel tufo: «Lo spettacolo della vergogna», lo definì lo scrittore Carlo Levi. Era il dopoguerra. Sono trascorsi poco più di quarant’anni ed ecco l’Unesco, l’organismo delle Nazioni Unite per
l’educazione e la cultura, si appresta a proclamare i Sassi di Matera “Patrimonio dell’umanità”.
«Certo, non é un salto da poco», dice Laureano, autore della relazione
che ha consentito alla città lucana di essere inserita tra le 379 meraviglie
«da tramandare ad ogni costo alle generazioni future», assieme, tanto per
dire, all’Acropoli di Atene e alla valle dei Re. L’annuncio è stato dato durante la sessione plenaria del World Heritage Unesco, riunito nei giorni scorsi a Cartaghena, in Columbia. Ma conquistare la “nomination” non e stato facile. Bisognava innanzitutto convincere Parigi (sede dell’Unesco) che la candidatura di Matera fosse meritoria. Ed è qui che interviene Laureano. Anni di ricerche, di studi, di viaggi: il Sahara, Petra, lo Yemen, hanno fatto di questo lucano cresciuto a Matera uno dei più
prestigiosi urbanisti dell’Unesco per le aree desertificate e la civiltà islamica.
Ma che c’entrano i Sassi con il deserto? Laureano lo spiega con l’aiuto del libro, “Giardini di pietra”, (200 pagine e 148 tra foto e disegni) edito da Bollati Boringhieri, che pubblica la relazione su Matera presentata all’Unesco.
Il “Palombaro lungo”, la spettacolare cisterna scoperta sotto la piazza principale di Matera.
«L’origine e il fascino primordiale di questa città scavata nel tufo e costruita sui terrazzi degradanti di due grandi alvei fluviali», dice, «derivano da sistemi di condensazione e di raccolta dell’acqua simili a quelli realizzati dai sahariani fin dal neolitico; a Matera troviamo gli stessi lavori idraulici risalenti all’età del bronzo, ai canali sotterranei, ai pozzi, alle grandi cisterne esistenti sia a Petra, che a Matmatà in Tunisia, che in Cappadocia.
Laureano non ha dubbi: all’origine di Matera c’è una civiltà seminomade, già in grado, fin dal Neolitico, di costruire complesse opere idrauliche per la raccolta dell’acqua necessaria alla sopravvivenza: «Ciò che rende unici i Sassi è un uso delle abitazioni che è stato perpetuato, e si è conservato intatto, dal Neolitico al XVIII secolo».
I guai, per i Sassi cominciano con la rivoluzione industriale. Nel Settecento la città si struttura sul piano, lungo il margine della Gravina. I granai, le cisterne, il sofisticato sistema di canalizzazione delle acque, vengono sepolti, occultati da strade e palazzi. Nel 1936, con i progetti voluti dal
regime fascista, i due torrenti (grabiglioni) dei Sassi sono interrati, divengono due strade rotabili collegate tra loro per formare una via di circonvallazione che unisce il Sasso barisano con il Sasso caveoso. Così i Sassi risultano definitivamente separali. Per l’equilibrio ecologico millenario dei Sassi è un colpo mortale. I Sassi da città diventano quartiere malsano. Con il
tempo si perde anche la memoria della loro forma e diviene illegibile il meraviglioso sistema di gestione delle risorse su cui era fondata la trama urbana. Infine, negli anni Cinquanta, con l’espul-
sione forzata degli abitanti, i Sassi divengono il più grande centro storico abbandonato che si conosca.
Di fronte a un tale scempio la società civile reagisce. Si moltiplicano gli appelli per il salvataggio dei Sassi. Pier Paolo Pasolini gira a Matera “II Vangelo secondo Matteo”. Addirittura, nel ‘77 i Sassi sono oggetto di un concorso internazionale di idee di recupero. Nell’86 beneficiano addirittura di uno stanziamento speciale di 100 miliardi per interventi di restauro e valorizzazione degli antichi rioni, ma fino ad oggi quel denaro, speso solo in minima parte, è servito soprat tut
to ad organizzare convegni fiume. Nessuno, fino ad ora, aveva preso in considerazione la stretta interdipendenza tra il sopra e il sotto di questa città. L’insieme delle architetture che si affacciano sulle terrazze e sui vicoli, il rincorrersi degli ardii e delle scalette fra i tetti dal bei colore rosato, e il lato nascosto, oscuro delle città costituito dalla trama di cisterne, di gallerie e di pozzi scavati nel terreno. Lo stesso Cesare Brandi, in “Pellegrino di Puglia”, mentre da una parte denunciava il bisogno di un «restauro urgente dei Sassi» perché la gente potesse tornarci a vivere, dall’altra suggeriva di «murare la parte delle case che è in caverna…in modo da farne un appartamento
senza snaturarne l’aspetto esteriore». Ora Laureano ha scoperto un tesoro laddove altri, prima di lui, avevano visto soltanto miseria e degrado.
Pietro Laureano
“In parole povere,” spiega, “a Matera troviamo scritta la storia dell’evoluzione dei tipi architettonici e urbani, dal Neolitico all’era moderna”. Di qui la proposta di Laureano, fatta propria dall’Unesco, di una ristrutturazione dei Sassi che realizzi, dalla parte del Sasso caveoso, un “Museo dell’uomo e delle civiltà rupestri”. Insomma, una specie di “Neolitic Park” che tenga in considerazione anche le cavità sotterranee, non solo la superficie e consenta agli stessi materani di riappropriarsi di quella che fu una concezione abitativa assolutamente originale e di
grandissimo valore. I recenti scavi di piazza Vittorio Veneto, hanno messo in luce alcuni splendidi complessi che mostrano la qualità e la funzionalità di questa tipologia del rupestre: larghi e profondi pozzi a ciclo aperto, da cui si diramano, come raggi dal mozzo di una ruota, cunicoli che danno vita a una complessa trama di gallerie, di cantine, di nevai, di cisterne a campana. Sotto terra troviamo perfino una torre medievale e una enorme cisterna imponente e silenziosa come una “cattedrale d’acqua”. Per l’architetto Mattia Acito, responsabile del progetto, si tratta «del primo autentico museo storicoambientale della città», un vero e proprio terminal da cui, in occasione dei prossimi festeggiamenti, si potrà partire per escursioni mirate nelle viscere dei Sassi. Intanto la febbre delle celebrazioni sembra abbia scosso definiti-
vamente i materani. Lungo tutto il Sasso barisano fervono i lavori, si restaurano le antiche abitazioni scavate nel tufo, si ripuliscono grotte e cisterne dalle macerie. Fino a pochi mesi fa nessuno voleva tornare nei Sassi, adesso un appartamento costa quanto a Manhattan. E fioriscono nuove attività per la valorizzazione del rupestre. Lo stesso Laureano in collaborazione con una cooperativa, Ipogea, e con il patrocinio del Comune, ha creato un Centro delle civiltà rupestri e delle acque. Sarà una sorta di archivio-laboratorio multimediale sulle civiltà, le tecniche di restauro, i progetti di valorizzazione ambientale dei siti rupestri internazionali. Matera insomma, intende risorgere sui suoi Sassi fondendo il mito delle caverne e quello del computer. Ci vorranno mesi, forse anni. Ma Laureano la soddisfazione più grande l’ha già
ottenuta: quella di vedere Matera battere bandiera Unesco.
Trogloditi on line
Musei sotterranei e informatica: ecco il modello Loira
“Troglo c’est chic”, i trogloditi vanno di moda. E’ la nuova parola d’ordine che circola da quest’anno nelle agenzie turistiche della Loira, una delle più rinomate località vacanziere della Francia. E si capisce: lo scorso anno, nell’area del Saumurois (300 km di gallerie sotterranee e di
grotte abitate fin dal Medioevo) per la prima volta il turismo rupestre ha superato per numero di visitatori quello dei “Castelli”. Il rupestre da queste parti non possiede la ricchezza culturale dei Sassi di Matera. Ma a fronte dell’abbandono in cui versa il nostro patrimonio i francesi
dimostrano che attorno al rupestre si può sviluppare un eco-turismo fiorente che mescola atta tecnologia ed immaginario preistorico, enterteinment e cultura. Prendete un treno ad alta velocità e da Parigi, in poco più di un’ora eccovi tra i nuovi trogloditi. Gente cortese, industriosa, dal piglio manageriale. Niente caverne umide e buie. Partiamo di una catena di ristoranti troglò, di circa 200 tra alberghi, motels e villette residenziali costruiti in grotte dall’aspetto lindo ed accogliente. Ai visitatori di Dénezé-sous Doué, una spettacolare cava di tufo sot-
terranea che risale al Medioevo, viene offèrto pure uno tocco alla Spielberg, con multìvisioni sui più spettacolari siti rupestri del mondo, musica e concerti dal vivo. Al convegno sul rupestre che si è svolto il mese scorso a Saumour si è parlato di eco-musei sotterranei, di sfruttamento turistico del sottosuolo e perfino di una rete informatica. Eureka, che colleghi in tempo reale, tutti i siti rupestri europei: Matera e la Cappadocia, Petra e Paterna (Spagna), Dénezés-sous Doué e la Vateamontea. Fra i partecipanti circolava una certa euforia: «Siamo
convinti che si costruirà prima l’Europa Trogloditica di quella Politica».